Qualche tempo fa sono stato invitato a un evento di un famoso network internazionale, una realtà che ha fatto del passaparola e delle referenze il suo credo e la sua ragion d’essere.
Avevo già partecipato, alcuni anni fa, a un altro incontro e non ne avevo pienamente capito il potenziale e la forma.
Ero stato distratto dall’apparenza un po’ “massonica” della cosa.
Ammetto di essere stato prevenuto e di avere una certa allergia a determinate forme “associative”, malgrado il mio passato da scout.
Comunque in questa nuova occasione il mio cuore era più leggero, la mia mente più aperta e le mie competenze più affilate.
La serata è andata molto bene e, in un paio d’ore, ho maturato contatti interessanti e già incredibilmente maturi.
Ho scritto “incredibilmente” ma in realtà non è così.
Le persone vanno a questi incontri proprio per sviluppare contatti e quindi la loro disposizione di spirito è proprio quella di fare network e questo porta a parlare di affari in modo molto diretto e franco.
Una vera boccata d’ossigeno dopo decine e decine di appuntamenti dove il cliente fa finta di non voler comprare ciò che il venditore finge di non voler vendere…
Tornando a casa mi è venuto naturale riflettere sul potere di network e passaparola, due dei più antichi strumenti di marketing.
Antico o desueto?
Nel 2013 e poi nel 2015 sono state pubblicate da Nielsen due ricerche storiche“Trust in Advertising” storiche che dichiaravano apertamente:
iI passaparola si conferma la fonte più affidabile (…)
Il 79% degli intervistati considera le raccomandazioni di persone che si conoscono come la fonte maggiormente affidabile.
Seguono i commenti e le recensioni sui social media (64%) e i contenuti pubbliredazionali (50%).La televisione (42%) scavalca i siti web dei singoli brand al quarto posto, a testimonianza della centralità che il mezzo ha ancora nel nostro Paese.
I siti Internet scendono quindi in ottava posizione (40%), alle spalle diproduct placement, pubblicità radiofonica e su carta stampata.
Era il 2015 e certamente tutte queste cifre sono cambiate ma da allora a oggi ne ho sentite dire di ogni:
- Solo il passaparola digitale ha senso di esistere.
- Il passaparola è morto.
- Il WOMM (Worth Of Mouth Marketing – Marketing del Passaparola) è la nuova frontiera del marketing contemporaneo…
Solo per citarne qualcuna, insomma si è detto tutto e il contrario di tutto.
Nella mia esperienza personale e specifica, negli studi che leggo regolarmente e nella pratica mia e dei miei clienti il potere di network e passaparola, soprattutto nel local marketing, è assolutamente ineguagliabile.
E oggi non sto parlando di passaparola digitale, di cui ti parlerò settimana prossima (Passaparola digitale, istruzioni per l’uso), ma proprio di quello tradizionale, la raccomandazione, anche se in Italia questo termine ha ormai una connotazione prettamente negativa.
Non lo dico solo io
Secondo una ricerca condotta da BrightLocal, il 92% dei consumatori locali si fida delle recensioni di conoscenti tanto quanto delle recensioni online.
Nelle comunità locali, il passaparola offline ha un peso specifico ancora maggiore perché le persone si conoscono e si fidano delle opinioni altrui basate su esperienze dirette.
Questo è particolarmente vero per piccole imprese come ristoranti, negozi o professionisti.
Uno studio della Word of Mouth Marketing Association, ora acquisita da ANA (Association of National Advertisers), ha evidenziato che il passaparola offline rappresenta circa il 13% di tutte le vendite negli Stati Uniti, e può influenzare le decisioni d’acquisto del cliente fino a 5 volte più di una campagna digitale.
E poi è nell’esperienza di tutti noi, il passaparola offline ha un effetto cumulativo e duraturo.
Le persone ricordano e condividono le proprie esperienze, positive o negative, con amici e conoscenti per lunghi periodi di tempo, anche anni.
E tutto questo non richiede budget pubblicitari elevati né una presenza massiva sui media digitali, ma si basa sull’efficacia dell’esperienza diretta del cliente.
Cosa che dovrebbe essere già prevista nei valori e nel budget di qualsiasi azienda, professionista e studio professionale che viva nel 2024 e non nel 1984.
Le raccomandazioni contano
Come dicevo precedentemente in Italia abbiamo un problema con le raccomandazioni, più che altro con il termine stesso.
Allora parliamo di referral, che poi vuol dire la stessa cosa ma ci mette meno in imbarazzo.
È una cosa che tutti facciamo naturalmente ma che a tutti riesce molto difficile chiedere.
Lo sanno bene i promotori finanziari a cui viene “caldamente consigliato” di chiedere i referral ai propri clienti.
Il professionista medio italiano fa molta fatica a dire poche semplici parole:«Consigliaci pure ai tuoi conoscenti se ti sei trovato bene».
Non so se sia una forma di snobbismo o di pudore o forse la paura che ci venga detto in faccia che il nostro servizio non è poi stato un gran che…
Resta il fatto che conosco pochissime persone a cui venga facile ed immediato chiedere referenze.
Eppure, ripeto, tutti lo facciamo in modo naturale quando, per esempio, troviamo un nuovo ristorante.
Lo stesso succede quando qualcuno nuovo in città ci chiede un buon dentista o un amico cerca proprio un consulente finanziario e noi ne abbiamo uno bravo.
Come incentivare il passaparola
È tutto più semplice di quanto possa sembrare.
Siamo al limite dell’ovvio, ma sull’ovvio si scivola…
Livello base
- Eccellenza nel servizio clienti: Il passaparola nasce spesso da esperienze memorabili.
Offrire un servizio clienti eccezionale è il primo passo per innescare raccomandazioni.
Formare il personale per essere cordiale, disponibile e attento ai dettagli, come ricordare le preferenze dei clienti o anticipare le loro necessità. - Prodotti/servizi di alta qualità: la base del passaparola è sempre un prodotto o un servizio che supera le aspettative.
Assicurarsi che l’offerta sia unica, utile e di qualità elevata. - Collaborazione con altre imprese locali: formare partnership con altre aziende della zona permette di condividere clienti e di espandere la rete di passaparola.
Per esempio, un ristorante potrebbe collaborare con un negozio di vini per offrire degustazioni o eventi in co-branding. - Creare una comunità: invita i clienti a eventi esclusivi, come aperitivi privati, corsi gratuiti o serate a tema solo per i membri.
In questo modo si costruisce un senso di appartenenza e le persone saranno più propense a parlare dell’evento con i propri conoscenti. - Aderire a cause locali e benefiche: impegnarsi in cause locali, come raccolte fondi o iniziative benefiche, può far parlare positivamente del brand all’interno della comunità.
Le persone saranno più inclini a condividere con amici e conoscenti il coinvolgimento in un’attività che sostiene la comunità.
Livello “pro”
Per i più intraprendenti si può anche andare un po’ oltre:
- Sconti “porta un amico”: una promozione che offre uno sconto sia al cliente attuale che alla persona che viene presentata è un incentivo forte e semplice per stimolare il passaparola.
- Referral Program: creare un sistema di incentivi che ricompensi i clienti quando portano nuovi clienti. Offrire sconti, omaggi o vantaggi esclusivi a chi consiglia il proprio prodotto o servizio a un amico.
Per esempio, un parrucchiere locale potrebbe offrire un taglio gratuito per ogni nuovo cliente portato da un cliente esistente.Richieste dirette: un modo semplice ma efficace per stimolare il passaparola è chiedere esplicitamente ai clienti soddisfatti di raccomandare il tuo servizio o prodotto.
Si può farlo in modo diretto diretta, via email o con piccoli promemoria visivi nel negozio, per esempio QR Code per lasciare la propria recensione su Google o sui Social. - Fidelizzazione: creare una relazione a lungo termine con i clienti attraverso programmi fedeltà o sconti per clienti abituali.
Questo tipo di incentivo può spingere le persone a parlare dell’attività con amici e parenti.
L’elefante nella stanza
Alla fine della fiera mi rendo ora conto, dopo le mie riflessioni e dopo aver scritto questo articolo, che referral, networking e passaparola sono facce diverse dello stesso dado.
Un dado che lanciamo sul tavolo delle relazioni, sempre in bilico tra professionale e personale.
Forse il segreto, soprattutto per negozianti e professionisti, sta tutto qui, essere sufficientemente “raggiungibili” da avere una relazione personale con il proprio cliente, ma non troppo vicini da dimenticarci che siamo un fornitore e un cliente.
Gualtiero Tronconi