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Project4
Project3
Project1
Project0
Dopo quasi due anni, riprendo a comporre, da un altro luogo, con altre idee e altre ispirazioni, altre competenze e altre consapevolezze.
Per ora sono progetti, magari più avanti si guadagneranno anche un titolo…
Ciò che fai, ciò che sei
Io… io sono un judoka, sono un chitarrista, sono un genitore, sono un compagno, sono un figlio, sono un amico, sono un coach, sono un insegnante, sono un mentore, sono un poeta…
Sono una sacco di cose e nessuna di esse mi definisce del tutto.
Neanche tutte queste messe assieme riescono a definirmi del tutto.
Io… io faccio il venditore, faccio il padre, faccio il grafico, faccio il marketing manager, faccio il trainer, faccio il consulente, faccio il critico musicale, faccio la guida, faccio il giornalista…
E tutto questo, che faccio talmente tanto da sembrare ciò che sono, mi definisce ancora meno.
Detto tutto questo mi viene difficile dire cosa io sia e questo, nella mia esperienza di coach, vale per me come gli altri.
Sento tutti definirsi per il comportamento che hanno, per ciò che fanno:
- sono un amministratore delegato
- sono una persona timida
- sono un padre di famiglia
- sono un estroverso
- sono una persona sorridente
- …
Ma tutto questo non parla davvero di noi, racconta solo ciò che facciamo.
Per capire davvero chi siamo, per entrare nel profondo dei nostri valori, dei nostri desideri, della nostra identità ed essenza bisognerebbe andare un po’ più a fondo.
Tutto questo è quasi impossibile da solo, è difficile non cadere nell’inganno del “raccontarsela”, dell’indorare la pillola o dell’autocommiserazione.
Ci vuole qualcuno che ci aiuti a spacchettare le informazioni, qualcuno che faccia le domande scomode, qualcuno che ci spinga oltre e ci guidi verso la “verità”.
Questo è il ruolo di un coach, almeno uno dei suoi ruoli, guidarti da ciò che credi di essere, da ciò che fai, a ciò che sei o potresti essere.
Insegnare
Ho iniziato a insegnare quando ancora ero molto giovane, avevo la presunzione di poter aiutare gli altri a imparare come suonare la chitarra, cosa che sapevo fare così così anche io…
Ho continuato a dare lezioni per anni, poi per un lungo periodo ho smesso, senza un motivo reale, solo che avevo altre cose più interessanti da fare, altre priorità.
Nel frattempo il palco era diventato una parte importante della mia vita, stare in piedi a suonare davanti a decine, a volte centinaia di persone, era una droga a cui non riuscivo a rinunciare… una vera ossessione, una dipendenza.
Ora sarò estremamente schietto e cercherò di essere il più onesto possibile.
L’energia che ritorna dal pubblico, l’ammirazione, l’enorme massaggio all’ego, al limite del sessuale, sono una cosa difficile a cui rinunciare anche per chi, come me suonava nei locali di Milano e non a Wembley.
Posso dire con certezza che molte delle mie insicurezze giovanili siano state curate dagli applausi del pubblico. Posso anche dire che molte delle mie “conquiste” siano un dono del palco, senza la chitarra e le luci accese difficilmente alcune delle ragazze che sono state con me mi avrebbero anche solo cagato.
Una volta finito di suonare, e questa è un’altra storia che prima o poi racconterò, l’astinenza è stata tanta… mi mancavano gli occhi addosso, mi mancava essere al centro dell’attenzione, mi mancava l’ammirazione e gli applausi.
Fortunatamente mi proposero di tenere dei corsi di chitarra e, finalmente, capii perché mi piaceva tanto insegnare: cazzo!!! È quasi come stare su un palco!!!
Credetemi se vi dico, ormai sono anni che mi occupo di formazione e ho conosciuto davvero tanti trainer, speaker, oratori e intrattenitori di vario genere è tutti, in un modo o nell’altro, hanno avuto la mia stessa epifania e il mio stesso bisogno di ammirazione.
Ammetto che il brivido di vedere gli occhi dei corsisti che ti guardano come se tu potessi sapere tutto quello che loro ignorano è davvero piacevole, poi possiamo tentare di sublimare la goduria raccontando che ci piace arricchire la vita degli altri, che amiamo vedere le persone che crescono, che adoriamo essere un gradino nella scala evolutiva delle persone e via così…
La verità è che siamo tutti di fottuti egocentrici!!!
Ci piace essere lì, ci piacciono le luci addosso, gli occhi addosso… godiamo a fare i fighi che sanno quello che gli altri non conoscono…
Detto tutto questo mi sorge spontanea una domanda, che faccio a me stesso: ma alla fine allora dovrei smetterla, sto facendo qualcosa di male?
Qualche anno fa, nel mio corso di chitarra base, si è presentata una simpatica signora di oltre settanta anni. Era una nonna, con problemi di artrite, che sognava di imparare a suonare la chitarra per poter condividere la passione per la musica dei nipoti, uno batterista e l’altro bassista.
Dopo mesi di impegno, suo e mio, serate a trovare strategie per farle imparare gli accordi con dittaggiature modificate che la sua artrite le permettesse di eseguire, dopo ore a ripeterle come tenere il tempo…
Beh… il video della band nonna e nipoti è un ricordo che porterò nel cuore per sempre e uno dei più grandi motivi di orgoglio della mia vita…
Scrivere
Un tempo, quando mi chiedevano quale fosse il mio lavoro la risposta era facile: io scrivo…
In realtà, ora che la risposta è molto più impegnativa e lunga, mi rendo conto che scrivere è, ed è stato, più di un lavoro per me, una vera è propria esigenza, una necessità.
Non è sempre stato così, da piccolo odiavo scrivere… sono anche stato rimandato in italiano in prima superiore perché i miei temi erano mal scritti, belle idee ma messe giù alla meglio.
Poi ho scoperto la magia delle parole, ho scoperto che hanno un suono, un ritmo. Ho scoperto che messe in un certo ordine possono fare miracoli, possono far piangere le persone, oppure farle ridere, oppure confonderle fino a perdersi…
Ora, in un’epoca in cui mettere la punteggiatura in un messaggio è “una roba da vecchi sfigati”, io non mi arrendo e, ora che non mi pagano per farlo, posso armarmi di cesello come un ebanista per scegliere ogni singola parola che scrivo, posizionare con la calma di uno scacchista la punteggiatura, selezionare come uno stratega quando far scendere in campo un verbo o un altro.
Scrivere per me è comunicare, a un livello più profondo, più intimo, assomiglia molto a suonare, è mettersi a nudo, immaginare le reazioni degli altri e reagire a tua volta, una danza senza musica, un solitario passo a due, un duetto immaginario con il lettore.
Allora, anche se sempre meno, ogni tanto prendo in mano la penna e indugio in questa pratica di onanismo in pubblico, come un suonatore di strada che se ne fotte dei passanti al punto da farli fermare tutti a sentire le sue note…
Varie per il corso Post-Base
- To Be With You – Mr. Big
- Redemption Song – Bob Marley
- The River – Bruce Springsteen
- Yellow – Coldplay