Ci sono modi e modi di insegnare.
Non sto parlando di modi giusti o sbagliati ma di modi adeguati alle esigenze del discente e modi inefficaci.
Nota bene, non ho parlato di discente o livello del discente o volontà del discente… Sto parlando di “esigenze”.
Un esempio pratico
Qualche tempo fa FPSchool, nella persona di Sandro Iovine, mi ha chiesto di tenere un corso di Marketing e personal branding.
La prima domanda che ci siamo posti è stata: «Cosa serve davvero a i nostri potenziali studenti?».
Senza questo passaggio il rischio che corre ogni formatore è quello di soddisfare il suo ego, di raccontare quello che più gli piace o quello che più lo appassiona, lasciando insoddisfatti i suoi studenti.
Per anni ho insegnato a suonare la chitarra e, ovviamente, mi sarebbe piaciuto insegnare pezzi di Eric Clapton, Stevie Ray Vaughan o Pink Floyd ma quanto sarebbe stato utile fare vedere questi brani a una persona che non aveva mai preso in mano la chitarra?
Allora partivo dal nome di ogni singolo pezzo che compone lo strumento per poi insegnare come si tenga in braccio e via così…
Nello specifico
È inutile che un corso di marketing parta dalle teorie più evolute o dal concetto di funnel o di buyer personas se gli studenti non hanno chiara la distinzione tra marketing e commerciale.
Quindi, nel caso specifico, abbiamo deciso di raggruppare informazioni teoriche di base e competenze pratiche fondamentali per poter iniziare a sviluppare un piano di marketing.
Questo sarà esaustivo dell’argomento? No!
Questo porterà gli studenti ad essere esperti marketeer? No!
Saranno in grado di parlare con dei consulenti e iniziare a capire di cosa gli si parla? Si!
Sapranno quali sono i passaggi fondamentali per creare una comunicazione coerente, gestibile e sostenibile nel tempo? Assolutamente si!
La giusta attitudine
Ho già parlato della prima lezione di giornalismo che io abbia mai preso in vita mia.
Avevo 18 anni, ero per la prima volta in una redazione e mi chiesero di scrivere un piccolo trafiletto, un articolo di poche righe a complemento di uno più grosso.
Ovviamente volevo fare bella figura, dimostrare che sapevo scrivere e sapevo di cosa scrivevo, quindi il mio trafiletto divenne delle dimensioni di un tomo dell’enciclopedia e scritto con la semplicità di un manuale di utilizzo di una centrale nucleare… in cirillico.
Il mio caporedattore lesse l’articolo e poi mi “incise nel cervello” un mantra che ancora cerco di ripetermi ogni volta che metto mano alla tastiera o entro in un aula per insegnare:
Spiegamelo come se avessi 3 anni!
Fare il trainer significa essere al servizio della tua aula, non del tuo ego o del tuo fatturato.
Quindi diffida dei relatori che cercano di farti sentire stupido o inadeguato.
Allertati quando, arrivato alla prima pausa caffè, non hai ancora scoperto nulla di nuovo sul tema che si sta trattando.
Preoccupati se, giunta la pausa pranzo, sei ancora in attesa di qualcosa che tu possa applicare nella tua vita reale.
Tutto questo è assolutamente parziale, rappresenta il mio modo di vedere la formazione, qualunque essa sia.
Per i trainer
E ora qualche piccolo consiglio per chi decide di mettersi davanti a un aula di persone:
- ascolta e osserva la tua platea, le indicazioni su come sta andando la lezione vengono da lì;
- fai ciò che devi seriamente senza essere serioso;
- molti studi dimostrano che il divertimento è un acceleratore di apprendimento;
- preparati per l’imponderabile, ti chiederanno cose che a te non verrebbero mai in mente;
- sii pronto ad ammettere che alcune cose non le sai, non arrampicarti sugli specchi;
- ultimo, ma più importante di tutto, insegna ciò che ti appassiona, questo colmerà qualsiasi lacuna tu possa avere.
La passione si diffonde più velocemente di un virus e lascia un bel ricordo della tua lezione come un ottimo dessert alla fine di una cena.
Gualtiero Tronconi