Il marketing è fatto di tante storie, le storie che si raccontano nella comunicazione e le storie di comunicazione straordinaria o fallimentare, in questo caso parliamo di marketing epico.

 

Partiamo quindi a raccontare alcuni casi “storici” di azioni di marketing che hanno lasciato il segno, nel bene e nel male, e proseguiremo a parlarne in queste pagine nei prossimi mesi.

Coca-Cola e il vecchio barbuto in rosso

Una volta, Babbo Natale era vestito… a caso. Verde, blu, persino giallo.

Ma poi arrivò Coca-Cola, con la genialità dell’advertising tipica degli anni ’30, e disse: “Facciamolo nostro”.

Così, assunsero Haddon Sundblom, un illustratore con più talento che zucchero nella cola, per disegnare un Santa cicciottello, allegro e vestito… indovina?
Di rosso Coca-Cola.

Da lì in poi, addio Babbo camaleontico: il mondo abbracciò il rosso e il bianco.

Risultato? Coca-Cola iniziò a vendere anche d’inverno, regalandoci tra l’altro alcune delle campagne più belle di sempre.
E Babbo Natale ebbe finalmente uno stylist.

Dove e le donne vere (non photoshoppate)

Immagina un mondo fatto solo di modelle perfette. Ah, aspetta… era il 2003.

Ma poi arriva Dove e come una ribelle del bagno schiuma dice: “Basta!”

Invece di modelle, mostra donne vere. VERE.
Con rughe, cellulite, risate forti e nasi storti.

Boom! Il mondo impazzisce (in senso buono).

Si chiamava “Real Beauty Campaign”, ma poteva anche chiamarsi “Finalmente una boccata d’aria”.

Non solo aumentano le vendite. Si crea un movimento. Tipo femminismo, ma con più sapone.

Red Bull e il tizio che saltò dallo spazio

Red Bull un giorno si svegliò e disse: “Fare spot con gente che salta sui pattini non basta. Facciamolo… saltare dallo spazio.

Felix Baumgartner, uomo con più fegato che senso del pericolo, sale a 39 km di altezza con un pallone gigante. Poi… salta.

Risultato? Il mondo guarda in streaming. 9 milioni di visualizzazioni in diretta.

Red Bull diventa sinonimo di coraggio, adrenalina e follia controllata. E sì, vende più lattine.

Nike, non pensarci troppo. Just Do It.

Anno 1988. Nike vuole parlare a tutti, dal maratoneta al pensionato che fa Tai Chi in mutande.

Serve uno slogan semplice, ma con i muscoli.

Ecco: “Just Do It.” Tre parole. Boom. Motivazione istantanea.

Il primo spot mostra un 80enne che corre ogni giorno. Non ha bisogno di scuse. Lui lo fa. E tu?

Da allora, milioni di persone hanno fatto cose pazzesche. O almeno si sono comprati delle scarpe molto belle per farle.

McDonald’s e la formula della felicità infantile

McDonald’s non vendeva solo panini. No. Vendeva felicità in scatola gialla: l’Happy Meal.

L’idea era semplice e geniale: dai al bambino un gioco, e il genitore pagherà senza fiatare.

Ronald McDonald, il clown, diventò più popolare di certi presidenti.

Risultato? Brand loyalty dai 3 anni in su. E un esercito di bambini convinti che un cheeseburger e una sorpresa possano risolvere tutto.

Apple e lo spot che sembrava un film

Super Bowl 1984. Tutti aspettano football e pubblicità stupide.

Apple arriva con un film diretto da Ridley Scott (quello di Blade Runner, mica pizza e fichi).

Lo spot è ispirato a Orwell: un’atleta rompe uno schermo gigante, liberando la gente dalla tirannia di IBM. “Il 24 gennaio Apple introdurrà il Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà come ‘1984’.”

Risultato? La gente ne parla per anni.

Apple non vende solo computer. Vende libertà. (E design sexy.)

De Beers e il diamante che non si scorda mai

Prima del 1947, il diamante non era obbligatorio per fidanzarsi.

Poi De Beers inventò lo slogan “A Diamond is Forever”.

Tradotto: se davvero la ami, compra il brillocco. Subito.

Risultato? I diamanti diventano sinonimo di amore eterno (e conti correnti svuotati). Geniale? Sì. Costoso? Ancora di più.

Pepsi e la rivoluzione risolta con una lattina

2017. La super modella Kendall Jenner. Proteste di strada. Gente che cammina. Musica solenne. E poi… arriva una Pepsi.

Lo spot mostrava Kendall che offre una lattina a un poliziotto in mezzo a una protesta, e magicamente TUTTI sorridono. Sembrava suggerire: “Risolviamo i problemi sociali con una bibita!”

Reazioni? Un mix di imbarazzo, rabbia e sarcasmo globale. Pepsi ritirò lo spot in meno di 24 ore. E Kendall… ci mise un po’ a tornare su Instagram.

Colgate e il sapore della cena

Anni ’80. Colgate, famosa per i dentifrici, decide di lanciare… una linea di cibo surgelato. Sì. Hai letto bene.

Forse volevano coprire tutte le fasi del pasto: prima mangi i Colgate Ravioli, poi ti lavi i denti. Il problema? La gente immaginava il sapore del dentifricio… nel cibo. Bleah.

Risultato: vendite disastrose, prodotti ritirati. E una lezione che ogni marketer dovrebbe tatuarsi: non mischiare sapori (né brand) troppo lontani.

New Coke: non toccare la ricetta segreta

1985. Coca-Cola, in una crisi d’identità, decide di cambiare la formula della sua bevanda storica. Nasce “New Coke”, più dolce, più moderna.

Il pubblico impazzisce. E non in senso buono. Proteste, petizioni, interviste arrabbiate: “Ridateci la nostra Coca!”

Dopo 79 giorni, Coca-Cola si arrende e rilancia la formula originale come “Coca-Cola Classic”. Una catastrofe? Forse. Ma anche un colpo di scena da manuale.

Il Marketing è genio… o follia

Abbiamo visto tutto: dal Babbo Natale rosso al dentifricio a cena. Il marketing è un’arma potente, capace di creare miti… o fallimenti virali.

Queste storie lo dimostrano: il marketing può cambiare percezioni, abitudini, culture. E a volte… perfino i colori dei santi natalizi.

Se ben fatto, è una forma di magia. Se fatto male… beh, almeno ci scappa un meme.

La lezione? Ridi, impara e… se lanci un prodotto, assicurati che non sappia di mentolo. A meno che non siano mentine (o dentifricio).


Gualtiero Tronconi