Nel ambito della grafica è sempre esistito l’acronimo K.I.S.S. che sta per Keep It Simple Stupid.
Ho sempre cercato di mantenere la rotta dettata da questo acronimo e ho sempre apprezzato chi riuscisse a fare lo stesso.
Troppe volte si vedono messaggi, immagini e comunicazioni troppo complicate che si perdono nella ricerca di una affettazione, di una pretesa professionalità, di un linguaggio (visivo o linguistico) per “pochi eletti”.
La conferma
Durante le feste sono riuscito a tornare in una terra che amo moltissimo, la Puglia.
Nel mio girovagare per paesi, spiagge, castelli e ristoranti (come negarlo) sono arrivato a Leuca durante l’ora del tramonto.
Trovato uno spiazzo per parcheggiare e mettermi comodo ho aspettato che la natura facesse il suo show scattando qualche foto.
Dopo poco mi sono reso conto che il posto che avevo trovato si era riempito di gente e auto, coppiette, gruppi di ragazzi, signori anziani e di ogni tipo.
Italiani e stranieri, autoctoni e forestieri, tutti i un quasi religioso silenzio mentre il sole si tuffava nel mare e una barchetta attraversava il riflesso giallo degli ultimi raggi.
Quindi?
Ora, è stato un tramonto fantastico, ma si tratta comunque di un tramonto, una cosa che avviene tutti i giorni, una cosa a cui abbiamo assistito, in varie forme, migliaia di volte nella nostra vita.
Eppure eravamo tutti lì, commossi e totalmente affascinati da una cosa così semplice e, quasi, banale.
Quindi, mi sono chiesto, come può una cosa così strapparci dalla fretta, dai cellulari, dagli impegni e inchiodarci al freddo per 20 minuti con gli occhi sgranati come bambini?
Tornando a casa
Nei giorni scorsi mi è spesso tornato in mente quel tramonto, non tanto il tramonto in sé ma i volti delle persone che mi circondavano.
C’era un gruppo di ragazzi dell’età dei miei, ventenni, che tutti credono persi nei social e lontani da “paesaggi e tramonti”.
Eppure erano lì, fermi, in silenzio e, a un certo punto, hanno anche smesso di fotografare coi loro smartphone, come sotto un incantesimo.
Forse tutto quello che pensiamo di questa generazione è sbagliato, forse stiamo complicando noi delle cose che dovrebbero restare semplici.
Forse dovremmo tornare a ciò che ci rende umani, senza pretendere che il pubblico si educhi da solo, ma riprendendo l’azione maieutica che la comunicazione, anche quella pubblicitaria, ha avuto in alcuni momenti della sua storia.
Dovremmo smettere di pensare che nessuno voglia fermarsi un momento, smettere di credere che la comunicazione debba essere sempre più veloce, sempre più estrema, sempre più strutturata e complessa.
Se il sole che cala può bloccare una strada e lasciare tutti con gli occhi di un bambino di due anni, forse dovremmo rivedere la direzione in cui ci stiamo muovendo…
Forse dovremmo ritagliarci, tutti, momenti di semplicità.
Gualtiero Tronconi