Si fa un gran parlare di coaching e della professione del coach, ormai da qualche tempo.
C’è un coach per ogni cosa, c’è persino un “coach dei tuoi capelli”…
Per chi ha affrontato un percorso di studi, di pratica e di apprendimento ed esperienza serio, tutto questo è, lo ammetto, un po’ frustrante.
Nel caso in cui, oltre a essere un coach con due certificazioni internazionali, uno fosse anche responsabile di una Coaching School, la situazione diventa quasi surreale.
Tutti coloro che negli ultimi tre/quattro anni, e sono tanti, hanno chiesto informazioni sulla Coaching School di Accademia Italiana di PNL hanno parlato con me.
Questo ha fatto sì che io abbia maturato un’esperienza diretta, personale e specifica, per scrivere pagine e pagine di FAQ.
Ma partiamo dalle domande/affermazioni che più spesso mi vengono proposte.
Un po’ di domande…
La professione del coach prevede una laurea?
Al momento no, anche se alcune voci di corridoio dicono che se ne stia parlando.
La vostra certificazione mi consente, a titolo di legge, di praticare la professione del coach?
Qua le cose si fanno un filo più complicate, la certificazione come Licensed NLP Coach, rilasciata dalla Society of NLP tramite Accademia Italiana di PNL, non ha alcun valore legale in Italia.
Come, d’altro canto, nessuna certificazione che tu possa conseguire in Italia o all’estero.
Mi spiego meglio.
Al momento nel nostro paese esiste un grosso buco legislativo per questa categoria professionale.
Non è mai stato creato un albo o designato un ente ufficiale certificante.
Di conseguenza chiunque può definirsi un coach, e qui torniamo al “coach dei capelli”…
Ho visto che esistono corsi on-line registrati di qualche ora, posso fare quello per diventare un coach?
Certo, in base a quanto vi ho raccontato qua sopra (purtroppo) la certificazione rilasciata dall’azienda/trainer Xxxx in Italia ha il medesimo valore legale di quella rilasciata dalla Society of NLP di Richard Bandler.
E, nel secondo caso, stiamo parlando di uno dei più importanti, grandi e riconosciuti enti di formazione al mondo…
Rimane poi da capire se uno andrebbe mai a farsi trattare da un fisioterapista che ha fatto solo corsi per corrispondenza senza mai mettere mano prima su un vero paziente.
Stesso discorso per un dentista o per un avvocato e i suoi clienti.
Un percorso per diventare coach che possa definirsi serio deve, e insisto sul DEVE, prevedere tanta pratica.
Questo perché una volta finito, sarai solo davanti a un coachee, una persona che ha bisogno del tuo aiuto, che paga per avere il tuo aiuto.
È proprio in questa fase che la pratica fatta entra in gioco, perché ti avrà permesso di liberare il campo da alcuni “blocchi”, come la paura di sbagliare, l’imbarazzo e altre convinzioni limitanti di questo tipo.
… un falso mito…
Sai, io faccio l’antennista/barista/meccanico/insegnante/quello che vuoi, ma finito il percorso vorrei fare il life coach a tempo pieno…
Ritengo importante precisare una cosa: ogni attività imprenditoriale o professionale ha un suo periodo di avviamento.
Si tratta di quella fase iniziale in cui si deve mettere in campo il massimo sforzo perché poi, se si è fatto tutto bene, la nuova attività diventi redditizia.
Mi piacerebbe poterti dire, come si legge in giro, che finita la Coaching School guadagnerai centinaia di migliaia di euro al mese, avrai la fila fuori dalla porta e potrai lavorare mezza giornata alla settimana…
Chiunque si occupi di business plan ti dirà che per l’avviamento di un’attività professionale ci voglio dai 3 ai 5 anni prima che possa essere realmente redditizia.
Quindi, se pensi di passare da barista, parrucchiere, ottico, contabile o qualsiasi altra professione a quella di coach con uno schiocco di dita…
Beh, forse potresti iniziare a chiedere l’intervento di un coach per fare, come si dice in PNL, un Obiettivo Ben Formato che ti aiuti a mettere le idee in chiaro.
D’altro canto, anche uno psicologo, un avvocato o un commercialista impiegano anni ad aprire e consolidare i propri studi, per un coach non è differente.
Un discorso un po’ diverso vale per chi parte da situazioni professionali di profilo più alto: manager, consulenti, dirigenti, direttori e via dicendo.
In questo caso l’ipotesi di avviare con successo, in tempi relativamente brevi, un’attività di business coaching è sicuramente più ragionevole.
Questo non in base a una forma di classismo, ma per un paio di semplici riflessioni:
- se sono già un professionista affermato in un qualche campo sarà più facile essere riconosciuto, e quindi “comprato”, come business coach in quello e altri campi;
- il mondo del business coaching ha una “redditività” molto più alta di quello del life coaching.
Qualche affermazione
Io vorrei fare il percorso ma non so se voglio fare il coach professionista…
Bene, anzi ottimo, le abilità di un coach, una persona in grado di guidare gli altri verso il proprio bene e la propria soddisfazione, sono quelle di un buon leader.
Che tu sia una mamma, un manager, un allenatore, un impiegato o un gelataio… ciò che apprenderai in un percorso da coach ti tornerà utile nella tua attività attuale e nella vita in generale.
Ho visto che alcuni percorsi di coaching non prevedono la PNL, anzi…
Vero, anzi verissimo!!! Sono in molti a pensare che la Programmazione Neuro-Linguistica non sia fondamentale per un buon professionista del coaching.
Io la vedo diversamente, sono certamente di parte ma quello che ho potuto sperimentare sul campo è che gli strumenti di PNL mi hanno sempre aiutato ad aiutare i miei coachee.
In molte situazioni senza quegli strumenti sarei stato in seria difficoltà.
In conclusione
Il mestiere, o meglio, la professione del coach è, malgrado cerchino di svilirla in tutti i modi, una meravigliosa attività in un mercato in enorme crescita.
Le stime parlano, negli USA, di un mercato da $15 miliardi di dollari con un tasso di crescita medio annuo del 6,7%.
È una professione aperta a tutti, perlomeno a tutti quelli che hanno la volontà di aiutare gli altri e la convinzione che le persone possano crescere, migliorare e cambiare.
Ha mille sfaccettature, andiamo dall’executive coaching per gli amministratori delegati, al coaching degli sportivi, attraversando il career coaching per chi vuole/deve riposizionarsi nel mercato del lavoro.
Passiamo dall’aiuto a chiunque non riesca a superare un problema/blocco, per arrivare ad assistere chi vuole individuare o raggiungere un obiettivo.
Come tutte le attività professionali, è svolta da ottimi professionisti e da perfetti cialtroni.
È brutto dirlo, ma è la verità.
Stesso discorso vale per le scuole di formazione per coach; ce ne sono di serie, molto serie o totalmente improvvisate.
Non voglio puntare il dito su nessuno, ma un paio di consigli mi sento di darli:
- controlla la storia, da quanto tempo fanno quello che fanno;
- verifica che siano società e non singoli, dove è più facile incappare nell’improvvisatore;
- analizza l’universo, sito/social/credenziali/testimonianze;
- parla con le persone.
Gualtiero Tronconi