È possibile vivere di coaching in Italia?

Tutti coloro che negli ultimi anni hanno voluto accedere alla Coaching School di Accademia hanno sostenuto un colloquio iniziale, negli ultimi cinque anni il 90% di questi hanno parlato con me e la prima domanda che mi aspetto tutte le volte è: «È possibile vivere di coaching in Italia?».

Il fatto strano è che in realtà poche persone mi fanno questa domanda, direi circa il 50%, cosa che mi lascia sempre un po’ stupito.

Una premessa

Se andrai avanti nel leggere questo articolo di prego di tenere presente che la parte “romantica” della professione del Coach, l’aspetto umano, la soddisfazione di aiutare gli altri, la gioia e l’amore che possiamo mettere in questa attività sono le ragioni per cui tutti noi di Accademia facciamo quello che facciamo.

Ma…

Oggi ti voglio parlare di un mestiere, di un’attività professionale che dovrebbe restituire un fatturato e permetterti di vivere secondo i tuoi desideri.

Quindi, per te che fai parte di quelli che in un futuro incontro mi avresti posto la fatidica domanda e, soprattutto, per quelli a cui non verrebbe in mente di farla, ecco alcuni spunti di riflessione.

Un po’ di numeri

Partiamo da un po’ di dati, li ho già pubblicati qualche tempo fa in questo articolo I Numeri del Coaching ma riporto qua di seguito quelli della situazione europea per tua comodità:

  • Il fatturato medio annuo di un coach in Europa è di:
    46.000 euro
  • La tariffa media per una sessione di life coaching è di:
    100/150 euro
  • Il mercato europeo del coaching si aggira intorno agli:
    800 milioni di euro

Cosa dicono questi numeri

Vediamo di dare un senso a queste statistiche e medie.

Il fatturato medio ci dice che in Europa è possibile vivere di coaching, e possiamo desumere anche in Italia.

Ricordiamoci però che dietro questa media ci saranno “picchi e valli”, un po’ come nella “media del pollo” del poeta Trilussa: tra chi mangia un pollo intero e chi nulla, in media abbiamo mangiato mezzo pollo a testa.

Quindi c’è il rischio di essere dalla parte di quelli che il pollo non lo vedono proprio.

La tariffa media ci fa subito capire che per vivere di life coaching si deve avere un numero di coachee, a dir poco, importante.

Infatti, oltre a non poter chiedere cifre fuori mercato, bisogna tenere presente che il coaching è una disciplina per sua natura veloce, non esistono percorsi di coaching che durino anni, come avviene per esempio nella terapia, quindi un life coach dovrà continuamente acquisire nuovi clienti per mantenere il suo fatturato.

La grandezza del mercato del coaching ci aiuta a comprendere che si tratta di una disciplina ormai riconosciuta e che, malgrado alcuni personaggi discutibili, ha anche una sua credibilità.

Quindi cosa fare?!?

Qualche tempo fa ho espresso il mio parere e dato alcuni suggerimenti sulle scuole di coaching e su questa professione: “Professione Coach: realtà e fantasia“.

Rileggendo oggi quello che ho scritto allora trovo sia ancora tutto attuale e corretto ma mi fa piacere riordinare per te le idee e aggiungere qualcosa in un decalogo:

  1. Parti dai tuoi valori: per valori intendiamo le cose davvero importanti per te, le cose che devono esserci nella tua vita perché possa definirla soddisfacente.
    Se la sicurezza finanziaria è un valore per te, forse una libera professione come quella del Coach non è la soluzione ideale.
    Se dare il tuo contributo è un valore per te, valuta se il modo migliore per farlo sia il Coaching, potrebbe.
  2. Fai un Business Plan: quanto vorresti guadagnare, quanto dovresti guadagnare, quanto potresti guadagnare…
    Non si tratta di un gioco di parole, se ho un mutuo è tre figli da mantenere avrò delle necessità diverse da un single che vive con i genitori.
  3. Guarda dove vivi: sembrerà brutto, ma il paesino affogato nella campagna lucana non è forse la location ideale dove iniziare la tua attività di Coach.
    Ricorda che parliamo di una figura professionale nuova, su cui esistono dei pregiudizi.
  4. Quali alternative hai: fare un po’ di chunking laterale è sempre una buona idea mentre si sviluppa un progetto.
  5. Scegli attentamente con chi formarti: il passaparola è fondamentale, se non sei sufficientemente preparato i tuoi coachee non saranno soddisfatti e la tua attività sarà morta prima ancora di partire.
  6. Continua a formarti: non accontentarti di quello che hai appreso, mai.
  7. Non esiste “Life VS Business”: l’attività con le aziende e i manager sono un buono strumento per permetterti di “comprare” parte del tuo tempo permetterti di fare life coaching.
  8. Assieme è più facile: soprattutto nell’ambito business, ma non solo, essere parte di una associazione o avere alle spalle una società è un sicuro plusvalore.
  9. Parti con calma: mantenere un lavoro che non ti soddisfa, chiedendo magari un part-time, può aiutarti e regalarti un po’ serenità nel far partire il volano degli affari come coach.
  10. Roma non è stata costruita in un giorno

È possibile vivere di coaching in Italia?

Torniamo quindi alla nostra domanda iniziale e cerchiamo di trovare la risposta.

È possibile tanto quanto è possibile iniziare una qualsiasi attività “consulenziale”.

È possibile tanto quanto impegno decidi di metterci, tanto quanta resilienza dimostrerai di avere, tanto quanto amore vorrai investire in questa attività.

Noi possiamo dirti che molti tra gli studenti delle nostra Coaching School decidono di non trasformare questa attività in una professione.

Altri lo hanno fatto e alcuni stanno raccogliendo buoni frutti, con tutto l’impegno, ma anche le soddisfazioni, che questo comporta.

Alla fine, l’unica risposta che posso darti è:

Come raggiungere un traguardo? Senza fretta, ma senza sosta.

Johann Wolfgang von Goethe

Gualtiero Tronconi

I numeri del coaching

Ci fa piacere, ogni tanto, dare uno spaccato del mondo del coaching e quale modo migliore per farlo se non attraverso i numeri del coaching nel mondo e in Europa così da farci un’idea del mercato in cui ci muoviamo o potremmo decidere di abbracciare.

2,5 miliardi di dollari

Il mercato del coaching a livello globale

71.000

Sono i coach certificati al mondo, circa 23.000 negli USA.

80% dei coachee

afferma di aver migliorato la propria autostima e la sicurezza di sé grazie al coaching.

73% dei coachee

dichiara che il coaching ha migliorato le loro relazioni, le loro competenze comunicative e interpersonali, le performance lavorative, l’equilibrio vita/lavoro e il benessere in generale.

51% delle aziende

con una forte cultura del coaching ha fatturati più alti rispetto alle altre aziende del medesimo settore.

Oltre il 50% dei coach

vede i social media nei primi due posti tra gli strumenti necessari per la crescita del proprio business.

900 milioni di dollari

è il mercato europeo del coaching è pari a circa il 32,2% del mercato globale.

33% di incremento

del numero dei life coach dal 2015 al 2019.

221% di ROI

dell’investimento in coaching secondo un case study della International Society for Performance Improvement.

99% delle persone o delle aziende

che hanno assunto un coach si dichiarano «soddisfatti” o «molto soddisfatti». Il 96% ripeterebbe il processo.

62% dei coachee

hanno migliorato le loro opportunità di carriera attraverso il coaching.

37% dei coachee

hanno tra i 35 e 44 anni, il 30% tra i 45 e 54 e il 24% sono sotto i 35 anni.

12 miliardi di dollari

è il mercato globale del business coaching.

1,5 milioni di ricerche

su life, business ed executive coaching vengono effettuate ogni mese.

66% dei coach

lavora con manager, il 60% con executive, il 56 con imprenditori, il 54% con clienti personali, il 51% con team leader e il 34% con membri dello staff

244 dollari

è il costo medio di una sessione di coaching, ma può arrivare a costa fino a 1.000

51.100 di dollari

è il fatturato medio annuo di un coach in Europa.

100/150$

è costo medio orario di un life coach.

81% dei coach

acquisisce nuovi clienti attraverso il passa parola.

Professione Coach: realtà e fantasia

Si fa un gran parlare di coaching e della professione del coach, ormai da qualche tempo.

C’è un coach per ogni cosa, c’è persino un “coach dei tuoi capelli”…

Per chi ha affrontato un percorso di studi, di pratica e di apprendimento ed esperienza serio, tutto questo è, lo ammetto, un po’ frustrante.

Nel caso in cui, oltre a essere un coach con due certificazioni internazionali, uno fosse anche responsabile di una Coaching School, la situazione diventa quasi surreale.

Tutti coloro che negli ultimi tre/quattro anni, e sono tanti, hanno chiesto informazioni sulla Coaching School di Accademia Italiana di PNL hanno parlato con me.

Questo ha fatto sì che io abbia maturato un’esperienza diretta, personale e specifica, per scrivere pagine e pagine di FAQ.

Ma partiamo dalle domande/affermazioni che più spesso mi vengono proposte.

Un po’ di domande…

• La professione del coach prevede una laurea?

Al momento no, anche se alcune voci di corridoio dicono che se ne stia parlando.

• La vostra certificazione mi consente, a titolo di legge, di praticare la professione del coach?

Qua le cose si fanno un filo più complicate, la certificazione come Licensed NLP Coach, rilasciata dalla Society of NLP tramite Accademia Italiana di PNL, non ha alcun valore legale in Italia.

Come, d’altro canto, nessuna certificazione che tu possa conseguire in Italia o all’estero.

Mi spiego meglio.

Al momento nel nostro paese esiste un grosso buco legislativo per questa categoria professionale.

Non è mai stato creato un albo o designato un ente ufficiale certificante.

Di conseguenza chiunque può definirsi un coach, e qui torniamo al “coach dei capelli”…

• Ho visto che esistono corsi on-line registrati di qualche ora, posso fare quello per diventare un coach?

Certo, in base a quanto vi ho raccontato qua sopra (purtroppo) la certificazione rilasciata dall’azienda/trainer Xxxx in Italia ha il medesimo valore legale di quella rilasciata dalla Society of NLP di Richard Bandler.

E, nel secondo caso, stiamo parlando di uno dei più importanti, grandi e riconosciuti enti di formazione al mondo…

Rimane poi da capire se uno andrebbe mai a farsi trattare da un fisioterapista che ha fatto solo corsi per corrispondenza senza mai mettere mano prima su un vero paziente.

Stesso discorso per un dentista o per un avvocato e i suoi clienti.

Un percorso per diventare coach che possa definirsi serio deve, e insisto sul DEVE, prevedere tanta pratica.

Questo perché una volta finito, sarai solo davanti a un coachee, una persona che ha bisogno del tuo aiuto, che paga per avere il tuo aiuto.

È proprio in questa fase che la pratica fatta entra in gioco, perché ti avrà permesso di liberare il campo da alcuni “blocchi”, come la paura di sbagliare, l’imbarazzo e altre convinzioni limitanti di questo tipo.

… un falso mito…

• Sai, io faccio l’antennista/barista/meccanico/insegnante/quello che vuoi, ma finito il percorso vorrei fare il life coach a tempo pieno…

Ritengo importante precisare una cosa: ogni attività imprenditoriale o professionale ha un suo periodo di avviamento.

Si tratta di quella fase iniziale in cui si deve mettere in campo il massimo sforzo perché poi, se si è fatto tutto bene, la nuova attività diventi redditizia.

Mi piacerebbe poterti dire, come si legge in giro, che finita la Coaching School guadagnerai centinaia di migliaia di euro al mese, avrai la fila fuori dalla porta e potrai lavorare mezza giornata alla settimana…

Chiunque si occupi di business plan ti dirà che per l’avviamento di un’attività professionale ci voglio dai 3 ai 5 anni prima che possa essere realmente redditizia.

Quindi, se pensi di passare da barista, parrucchiere, ottico, contabile o qualsiasi altra professione a quella di coach con uno schiocco di dita…

Beh, forse potresti iniziare a chiedere l’intervento di un coach per fare, come si dice in PNL, un Obiettivo Ben Formato che ti aiuti a mettere le idee in chiaro.

D’altro canto, anche uno psicologo, un avvocato o un commercialista impiegano anni ad aprire e consolidare i propri studi, per un coach non è differente.

Un discorso un po’ diverso vale per chi parte da situazioni professionali di profilo più alto: manager, consulenti, dirigenti, direttori e via dicendo.

In questo caso l’ipotesi di avviare con successo, in tempi relativamente brevi, un’attività di business coaching è sicuramente più ragionevole.

Questo non in base a una forma di classismo, ma per un paio di semplici riflessioni:

  1. se sono già un professionista affermato in un qualche campo sarà più facile essere riconosciuto, e quindi “comprato”, come business coach in quello e altri campi;
  2. il mondo del business coaching ha una “redditività” molto più alta di quello del life coaching.

… qualche affermazione

• Io vorrei fare il percorso ma non so se voglio fare il coach professionista…

Bene, anzi ottimo, le abilità di un coach, una persona in grado di guidare gli altri verso il proprio bene e la propria soddisfazione, sono quelle di un buon leader.

Che tu sia una mamma, un manager, un allenatore, un impiegato o un gelataio… ciò che apprenderai in un percorso da coach ti tornerà utile nella tua attività attuale e nella vita in generale.

• Ho visto che alcuni percorsi di coaching non prevedono la PNL, anzi…

Vero, anzi verissimo!!! Sono in molti a pensare che la Programmazione Neuro-Linguistica non sia fondamentale per un buon professionista del coaching.

Io la vedo diversamente, sono certamente di parte ma quello che ho potuto sperimentare sul campo è che gli strumenti di PNL mi hanno sempre aiutato ad aiutare i miei coachee.

In molte situazioni senza quegli strumenti sarei stato in difficoltà.

In conclusione

Il mestiere, o meglio, la professione del coach è, malgrado cerchino di svilirla in tutti i modi, una meravigliosa attività in un mercato in enorme crescita.

Le stime parlano, negli USA, di un mercato da $15 miliardi di dollari con un tasso di crescita medio annuo del 6,7%.

È una professione aperta a tutti, perlomeno a tutti quelli che hanno la volontà di aiutare gli altri e la convinzione che le persone possano crescere, migliorare e cambiare.

Ha mille sfaccettature, andiamo dall’executive coaching per gli amministratori delegati, al coaching degli sportivi, attraversando il career coaching per chi vuole/deve riposizionarsi nel mercato del lavoro.

Passiamo dall’aiuto a chiunque non riesca a superare un problema/blocco, per arrivare ad assistere chi vuole individuare o raggiungere un obiettivo.

Come tutte le attività professionali, è svolta da ottimi professionisti e da perfetti cialtroni. È brutto dirlo, ma è la verità.

Stesso discorso vale per le scuole di formazione per coach; ce ne sono di serie, molto serie o totalmente improvvisate.

Non voglio puntare il dito su nessuno, ma un paio di consigli mi sento di darli:

  • controlla la storia, da quanto tempo fanno quello che fanno;
  • verifica che siano società e non singoli, dove è più facile incappare nell’improvvisatore;
  • analizza l’universo, sito/social/credenziali/testimonianze;
  • parla con le persone.

Gualtiero Tronconi

Dubbi e certezze di un coach

Alle volte ho dei dubbi su quello che un coach fa o dovrebbe fare durante una seduta di coaching.

È strano, per quanto uno possa prepararsi, studiare e fare pratica… la vita riesce sempre a stupirti.

Allora capita che ti arrivi il coachee che non ha la minima idea di cosa faccia un coach, che ti chiede di risolvere dei problemi che non esistono o convinto di avere davanti a sé un santone che può “aggiustare” tutto ciò che non va nella sua vita.

Un coach non è nulla di tutto questo (scopri qui di cosa si tratta realmente)!

Know nothing

Tutte e le volte che mi trovo in queste situazioni ho un solo salvagente che, infallibilmente, mi tiene a galla… una delle caratteristiche del coach è “know nothing”: non sapere nulla.

Allora, se non so nulla non mi resta che ascoltare e osservare… così inizio a cogliere quei piccoli segnali, quei modi di dire, quelle violazioni linguistiche, quelle sorte di “tilt” nel pensiero che ti viene espresso.

Quindi prendo tutto questo è lo uso come la segnaletica stradale, inizio a chiedere, domandare.

Ciò che sembra incoerente, o troppo ripetuto diventa motivo di curiosità e quindi di domande e, senza che me ne renda conto, i problemi si risolvono, gli obiettivi si fanno più chiari, le convinzioni riprendono la giusta dimensione, quella di pensieri e non fatti, e tutto si incanala e fluisce naturalmente.

Tanto che, spesso, alla fine della seduta mi viene da chiedermi cosa abbia fatto realmente, a cosa sia servito il mio intervento…

Alla fine…

Poi i coachee tornano, o ti scrivono e ti chiamano e ti dicono che le cose vanno meglio, che gli obiettivi sono divenuti risultati, che i blocchi sono alle spalle, che parlare con il figlio o il socio è diventato più facile, che quella paura non è più paralizzante…

Allora tu capisci che forse forse, qualcosa hai fatto, che è valsa la pena di studiare e praticare tanto a lungo e che fai un lavoro bello come forse nessun altro…

Gualtiero Tronconi